Ingresso alla Bellezza su Il Domenicale

Recensito su Il Domenicale con uno splendido articolo di Guido Rivolta il capolavoro "Ingresso alla Bellezza" di Enrico Maria Radaelli. Eccolo a voi.

La Bellezza
metafora del Paradiso.
Un’idea sì rivoluzionaria.

* * *
Per un filosofo è un’indegnità il dire che “il bene e il bello sono una cosa sola”; ma se egli aggiunge “anche il vero”, lo si deve picchiare. Sarebbe forse stato questo il commento che Friedrich Nietzsche, padre della postmodernità, avrebbe prodotto di fronte al saggio, notevole, Ingresso alla Bellezza. Fondamenti a un’Estetica trinitaria (prefazione di Elio Fran-zini, Fede & Cultura, Verona 2007, pp. 400, euro 30) di Enrico Maria Radaelli, docente alla Pontificia Università Lateranense e direttore del Dipartimento di Estetica dell’Asso-ciazione Internazionale “Sensus Communis”.
Alla base delle malattie spirituali che affliggono il nostro tempo è possibile individuare un tratto comune: la negazione delle caratteristiche originarie e strutturali dell’essere che determinano la fine di quell’ontologia per cui bellezza, bene e verità sono proprietà tra loro imparentate, generando nichilismo e scientismo, relativismo e moralismo.
In particolare è diffusa oggi una sorta di “irrazionalismo estetico”: svuotata del suo spessore, la realtà viene infatti percepita in termini di pura estetizzazione e virtualità, solo ornamento e gioco ermeneutico. Eccola l’attualità delle pagine di Radaelli, il quale ricorda che, contro quanto si afferma oggi, ogni elemento della realtà è una individualità che, presentando caratteristiche d’identità e di differenza rispetto agli altri enti, entra in un nesso di intima relazione con tutte le altre cose.
In questo modo, la realtà compone una specie di armonia: una trama, segreta o manifesta, di legami o di parentele, di analogie e di simboli. Non solo. Tutto quanto esiste, in quanto conoscibile da parte dell’intelletto e desiderabile da parte della volontà umana, possiede intrinsecamente l’attributo della verità e del bene. Ora, tutte queste caratteristiche trascendentali (cioè predicabili di ogni ente) passano necessariamente attraverso la “manifestazione” della cosa stessa: ossia attraverso il suo “aspetto”, volto o immagine, che, apparendo nella sua bellezza, attrae e affascina, suscita piacere e gioia.
L’idea è importantissima: la bellezza è via di accesso privilegiata al mistero dell’essere. Questa intuizione, intravista dagli antichi, ha trovato il proprio grande teorizzatore in san Tommaso d’Aquino. Di più. Soltanto uno sguardo cristiano, dice Radaelli, è in grado di rendere pienamente ragione della sponsale corrispondenza tra estetica e gnoseologia.
Il significato originario di queste categorie esige, infatti afferma il cattedratico –, una concezione della realtà che trova esplicitazione solo nel mistero del Dio-Trinità. Dal Padre, Mente divina e invisibile, procede il Figlio, il quale, come si sa dall’Incarnazione, non ha uno, ma due Nomi: è, insieme, il Verbo di Dio e la sua Immagine visibile e sensibile. Centrata in Cristo, nella realtà della seconda Persona della Trinità, si fonda, dunque, una feconda relazione: tra Immagine e Parola, fra Bellezza e Verità, Forma e Contenuto, Aspetto e Significato, e, più in generale, tra realtà e pensiero. In questo modo, è Cristo, divino incarnato, nella sua duplice natura divino-umana, nei suoi due Nomi, a costituire il principio dell’arte. Nello stesso tempo, Egli, Risorto dai morti, Corpo Glorioso, ne indica anche il senso finale.
Infatti, cosa rappresenta l’arte, se non l’espressione simbolica del desiderio umano di raggiungere una condizione di totale pienezza e perfetta positività, di vedere la realtà tutta nel suo ultimo compimento? E come si chiama questo, se non desiderio di una condizione risorta, desiderio di vedere Dio? L’arte ne è, appunto, prefigurazione. Per questo, tra l’idealità divina degli splendidi ori ravennati e l’umano, difettoso bisogno di perdono e di redenzione dei neri caravaggeschi, non vi è contraddizione. Per questo, il rapporto tra religione e arte non è estrinseco, ma intimo, di madre e figlia. Anzi, la Liturgia istituita nella Messa è l’argomento principe dell’Estetica, avendo essa la sua origine e il suo culmine nella Bellezza della Liturgia trinitaria.
Su questa base viene dunque originalmente a delinearsi una teoria generale: la forma del linguaggio è la metafora e il linguaggio è metafora della natura.
Se tra imago/linguaggio e verbo/pensiero vi è relazione profonda, e se la realtà futura non annullerà, ma porterà a compimento la presente, quest’ultima può certo considerarsi una buona “metafora” della prima. Realismo “analogico” e simbolismo si sintetizzano in un’unica visione: l’apparire esteriore delle cose manifesta la loro interiore sostanza, il visibile rivela e rinvia all’invisibile, la natura alla soprannatura.
Guido Rivolta

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sul mio blog un lettore ha segnalato nei consigli per le letture estive questa vostra segnalazione...
Vi lascio dunque un saluto insieme a tanti auguri di buone recensioni!

Andrea
http://andreamacco.wordpress.com/