Introibo ad altare Dei su Divinitas 2/09

Recensione al volume "Introibo ad altare Dei" a cura di Mons. Brunero Gherardini
Un vivo plauso ai tre Coautori, nonché alla benemerita Editrice “Fede e Cultura”, per la sollecitudine con cui hanno risposto all’esigenza, sempre più diffusa, di maggior conoscenza della liturgia classica, specie dopo il Motu-proprio “Summorum Pontificum” (7 luglio 2007) del Pontefice f.r. L’unico rammarico è, per me, quello di darne notizia non con altrettanta sollecitudine, anche se ciò non è dipeso da cattiva volontà.I Coautori non son preti, appartengono al mondo della musica e del canto sacro, specialmente a quello gregoriano. S’interessan pure di filosofia, di teologia ed ovviamente di liturgia. A tre mani – stavo per dire a tre voci – han composto questo “Vademecum”: un preziosissimo ausilio teorico-pratico per la retta celebrazione liturgica, considerata nella più ampia accezione del termine, non escludendo l’applicazione pratica del Motu-proprio sopra ricordato.La materia è distribuita in modo un po’ singolare: i primi dieci capitoli si riferiscono un po’ a tutto quel che s’intende per liturgia: le fonti, i libri liturgici, i ministri, i paramenti, il luogo sacro, il canto e la musica, l’anno liturgico, la santa Messa, il Vespero, il servizio all’altare. Seguon poi tre parti dedicate all’apparato liturgico, alle cerimonie in genere e a quelle speciali.Una prefazione dell’Em.mo Card. Dario Castrillón Hoyos ed una postfazione del p. Konrad zu Löwenstein di Venezia, oltre ad una scelta e pertinente bibliografia, aggiungono un ulteriore prestigio a quello intrinseco dell’opera. Non si può che ripetere: un vivo plauso!Trovo interessante – oltretutto perché ho sempre sostenuto altrettanto – che la ragione della più facile comprensione dei testi, addotta dalla riforma conciliare, è mal posta: non si tratta infatti di ragione linguistica, ma di penetrazione del mistero e d’adesione ad esso, per la qual cosa più che la lingua vale la contemplazione orante. Utile anche la descrizione dei singoli passaggi cerimoniali per celebrare la liturgia tradizionale: i preti delle ultime leve sanno a mala pena che l’attuale rito s’iniziò con Paolo VI ed ignorano quello precedente; i preti della mia età hanno in gran parte dimenticato il rito della loro prima Messa e del loro primo servizio ministeriale. Degna di nota anche l’osservazione sulle traduzioni ed il conseguente pericolo di slittamenti semantici nel passaggio da una lingua all’altra. Anche per questo, oltre all’espressività propria e alla duttilità della lingua di Roma, sarebbe stato opportuno rimanere alla fissità del latino. Esprimo infine la mia grande ammirazione per lo spirito di fede, di preghiera e d’amore alla Chiesa che i tre Autori esprimono in ogni loro pagina.Se mi si permette, faccio un rilievo critico: non insisterei più di tanto sulla continuità fra il nuovo rito e quello tradizionale, ed ancor meno fra il Vaticano II – globalmente considerato – e la Tradizione ecclesiastica. Che ci siano affermazioni in tal senso, nessuno lo nega; che sian qualcosa di più del famoso specchietto per le allodole, è da provare. Aggiungo che non basta qualificare la Tradizione con l’aggettivo “vivente” per giustificare ciò che le è estraneo: è un cavallo di Troia introdotto nella cittadella della liturgia e della Chiesa.
Mons. Brunero Gherardini
Estratto da: Divinitas. Rivista internazionale di ricerca e di critica teologica, 2 (2009) 237-238.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Recensione su RADICI CRISTIANE, mensile diretto da Roberto De Mattei

Introibo ad altare Dei
Elvis Cuneo, Daniele Di Sorco, Raimondo Mameli - Fede&Cultura, Verona 2008, pp. 280, € 25

La Messa tradizionale, comunemente detta di San Pio, il cui uso è stato rivalutato dal Motu proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI (tecnicamente tale liturgia non era stata mai abrogata, ma il suo uso si era perso), è di una bellezza superiore, ma presenta oggettivamente qualche difficoltà, dovuta soprattutto al lungo oblio cui è stata sottoposta.


Giunge quindi estremamente utile questo manuale, scritto da tre giovani provenienti da studi di musica sacra, nonché studiosi di teologia e letteratura, utile anche come ripasso per numerosi termini ecclesiastici (che differenza c’è tra pulpito e ambone? Qual è il ruolo dei monsignori di curia? Cosa rappresentano i vari paramenti?).


Il volume, che si avvale della prefazione del Cardinal Darío Castrillón Hoyos, presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, si presenta come uno strumento necessario a tutti coloro – sacerdoti e laici – che desiderino riprendere l’uso della messa tradizionale, incontrando però oggettive difficoltà nel preparare l’altare e servire la celebrazione eucaristica. Il messale di san Pio V, infatti, se da un lato con la sua struttura impedisce scivoloni di qualsiasi tipo, d’altra parte può risultare ostico a chi si è abituato a seguire la messa secondo il “Novus Ordo”, generalmente celebrata non in latino, bensì nella lingua del luogo. Se si comprende, invece, il valore di ogni singolo gesto effettuato dal sacerdote presso l’altare, lungi dal ritenere la messa tradizionale qualcosa di distante, si comprenderà meglio l’alto significato del sacrificio che il sacerdote compie. Ad esempio il fatto – spesso ricordato dai critici della messa tradizionale – che il celebrante rivolga le spalle ai fedeli, va letto nel suo senso originario, cioè che si rivolge verso il Santissimo Sacramento, trasformando l’altare tradizionale (preceduto da alcuni gradini) in una rappresentazione del Golgota, dove si ripete il sacrificio di Cristo per tutti noi. Ed è per questo che la consacrazione, nel rito antico, riveste una maggiore sacralità e permette una migliore concentrazione dei fedeli (che magari “parteciperanno” di meno, ma “sentiranno” di più).


Il “manuale” di Fede&Cultura contribuisce a comprendere questo rito – e in ciò si affianca ad altre importanti pubblicazione della stessa casa editrice: dal Messalino ordinario (ottimo per seguire la funzione) a quello festivo (necessario per celebrarla), dagli studi sulla messa di Francesco Agnoli e Mons. Klaus Gamber, alla risposta al clero modernista di Francesco Capello, per giungere alla pregevole antologia letteraria curata da Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi.




(RC n. 46 - Luglio 2009)