Recensione "L'Europa"su Fides Catholica

Recensione di Giuseppe Brienza
Francesco Mario Agnoli
Europa. Fra diritti umani e ’68
[Fede & Cultura, Verona 2008, pp. 63, euro 7]
in
Fides Catholica.
Rivista di apologetica teologica
Anno III
n. 2
Frigento (AV) luglio-dicembre 2008
(pp. 632-634)

La tesi centrale di questo volumetto, che esce nella collana saggistica diretta da Giovanni Zenone e raccoglie sei interventi del magistrato e storico cattolico Francesco Mario Agnoli, è che sono all’opera nella società europea ed occidentale fattori e pensieri non più compatibili col tradizionale assetto dei diritti dell’uomo.
Nel primo capitolo, Anniversari (pp. 7-10), il presidente dell’Associazione culturale “Identità Europea” mette a confronto due ricorrenze del 2008 che, purtroppo, mostrano sempre più affinità e richiami comuni: il 60° della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’ONU nel 1948, ed il 40° della rivoluzione culturale del Sessantotto. Il mancato fondamento della prima ai solidi dettami della legge naturale ha prestato infatti il fianco all’invasione, da parte del relativismo post-sessantottino, anche di quello che sembrava l’ultimo baluardo secolare, nella modernità, dell’ordine portato dalla ragione oggettiva, vale a dire il mondo e la prassi dei diritti “universali” in quanto riconosciuti all’uomo in quanto tale.
Nel secondo capitolo, La crisi sociale dell’Europa (pp. 11-19), l’Autore offre quindi delle condivisibili riflessioni sugli effetti degli ultimi quarant’anni, negli ordinamenti civili e politici del Vecchio continente, di quella che può definirsi «[…] una rivoluzione politicamente fallita, ma anche una delle più riuscite, e delle più dannose, della storia umana per l’epocale mutazione della società europea (e non solo), dei suoi costumi, delle sue convinzioni, della sua morale» (p. 16).
Nel terzo capitolo, Il relativismo democratico (pp. 21-37), Agnoli da’ conto di uno dei principali motivi che spiegano il “successo” della rivoluzione sessantottina, il fatto, cioè, di essere intervenuta su un meccanismo maggioritario che, indubbiamente, «[…] si presta meglio di altri a rendere anche psicologicamente più accette le indebite invasioni di campo ai cittadini che, contribuendo con la propria volontà (anche se spesso è soltanto un’illusione) a fissare le regole del funzionamento dello Stato e della convivenza civile, facilmente si persuadono, esattamente come il demos ateniese del IV secolo a. C. che non esistano norme e principi che non siano soggetti, nella loro vincolatività e nella loro stessa esistenza, alla mutevole volontà umana» (pp. 34-35).
Di fronte al dilagare, nel corpo sociale e nei singoli individui, della convinzione, propria della sottocultura del Sessantotto, che tutto è relativo e, quindi, non esistono e non possono esistere immutabili valori universali, additati addirittura come incompatibili con la democrazia, la Chiesa cattolica si dimostra estremo baluardo del diritto naturale, pienamente consapevole del rischio della sommatoria del relativismo democratico con quello etico. «Di qui - commenta l’Autore - il grido di allarme lanciato da S.S. Giovanni Paolo nell’enciclica Veritatis splendor [a tutti i vescovi della Chiesa cattolica circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale della Chiesa, promulgata il 6 agosto 1993]:“Dopo la caduta, in molti Paesi, delle ideologie che legavano la politica ad una concezione totalitaria del mondo - e prima fra esse il marxismo -, si profila oggi un rischio non meno grave per la negazione dei fondamentali diritti della persona umana e per il riassorbimento nella politica della stessa domanda religiosa che abita nel cuore di ogni essere umano: è il rischio dell'alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità”[n. 101]» (p. 35).
Nel quarto capitolo del saggio, La produzione normativa in regime democratico (pp. 39-45), Agnoli analizza, da giurista d’esperienza qual è, l’attuale meccanismo onnivalente che ha ridotto il diritto positivo occidentale ad accogliere in sé tutti i contenuti che vi siano immessi, con ciò funzionando esattamente nello stesso modo politica ed economia, democrazia e mercato, borse e parlamenti: «Ne consegue che la norma giuridica approvata dal parlamento non è più giusta (non potrebbe esserlo, mancando il termine di confronto: la giustizia) di quelle che avrebbero potuto essere emanate» (p. 41) e «La sostanziale identificazione fra politica, diritto e mercato, divenuti la Trimurti del nichilismo globale, determina una società che non offre rimedi, ma, tutt’al contrario, incentivi all’abbandono dei valori che un tempo si sarebbero definiti superiori» (p. 44).
Il quinto capitolo, Diritti dell’uomo (pp. 47-56), descrive così il salato “conto”, nell’ambito della teoria e della prassi della tutela della libertà e dignità umana, pagato da una democrazia, anche internazionale, che, abbandonate le solide categorie del diritto naturale, s’illude di poter continuare a proclamare volontaristicamente valori solo auto-definiti “universali” «[…] ma che, proprio in quanto si sostanziano in “posizione di norme”, si rivelano prodotto dello stesso meccanismo. Identici ne sono, la natura e il destino di immortalità, condizionata al permanere del consenso e, quindi, contraddittoriamente, temporanea» (p. 47).
Essendo prima il giuspositivismo e poi, definitivamente, con la caduta delle ideologie successiva al 1989, il nichilismo giuridico più che mai trionfanti, appare sempre più fondato il timore «[…] che la mancanza di un diffuso consenso sulla base “naturale” dei diritti umani comporti conseguenze negative che, in parte già manifestatesi, potrebbero aggravarsi fino a determinare il pericolo di una loro implosione» (p. 50).
Nel sesto ed ultimo capitolo dell’opera, intitolato L’attacco al Cristianesimo (pp. 57-63), l’Autore ritiene infine doveroso completare il suo quadro di analisi dando conto della “finalizzazione” del trionfante laicismo nichilistico, concretizzantesi soprattutto nell’attacco, reso sempre più violento ed esplicito a causa dall’inatteso protrarsi della resistenza, alla Chiesa cattolica in particolare, in quanto «[…] ultima linea di resistenza contro il trionfo finale del relativismo, l’unico castello non ancora totalmente conquistato nonostante le brecce aperte nelle sue mura e il desiderio di resa di una parte della sua guarnigione» (p. 57). Purtroppo non tutti i cristiani (o sedicenti tali) impegnati in politica (e tanto più ciecamente e ostinatamente quanto più alti sono i livelli occupati e i compiti assegnati) si mostrano consapevoli di questa realtà o, peggio, pur essendolo, vi antepongono altre considerazioni, tutte comunque estranee, ai motivi e alle esigenze della difesa della verità e della (ri)edificazione della civiltà europea.
Giuseppe Brienza

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