Avvenire: recensione di "Contro la post-religione"

Prima del positivismo ottocentesco, i sapienti erano anche umanisti; oggi c’è invece l’idea che solo la scienza rappresenti in modo corretto la realtà.
Parla il latinista Oniga

L’umanesimo difeso dai cristiani
DI LORENZO FAZZINI
« L’attacco anticristiano è il pretesto per colpire il vero obiettivo, che non è il sen­timento religioso, ma ' la giungla del sedicente pensiero umanistico' » . Di qui nasce una « post- religione » di stampo « nichilista e consumista, fa­tale per l’intelligenza e oppressiva per la gioia di vivere » . Immerso nei suoi studi classici – è docente di Lingua e letteratura latina all’università di U­dine – Renato Oniga non ha trattenu­to un sobbalzo intellettuale «classico» di fronte alla pubblicistica anti- cri­stiana, da Piergiorgio Odifreddi a Ch­ristopher Hitchens passando per Cor­rado Augias. Ne è scaturito Contro la post- religione. Per un nuovo umane­simo cristiano ( Fede & Cultura, pp. 222, euro 18; tel. 045/ 941851), un sag­gio in cui il latinista friulano – sup­portato da Marc Fumaroli, membro dell’Académie française (che firma la pre­fazione qui pubblicata in ampi stralci) – condensa alcune riflessioni sulle re­centi polemiche anti- reli­giose.
Perché l’attacco anti- cri­stiano di Odifreddi è un’aggressione al pensie­ro umanistico?
« In Odifreddi ci sono alcu­ne accese prese di posizio­ne contro l’umanesimo: e­gli afferma che la scienza dovrebbe sostituire il ' sedicente' pensiero umanistico e che l’unico modo di pensare razionale sull’uomo sarebbe quello scientifico. Vuole arri­vare al ' pensiero unico', per cui solo la scienza sarebbe capace di sostituirsi alla filosofia e alla religione: una vera caricatura della scienza! Purtroppo, questo pregiudizio è rintracciabile an­che in una certa recente politica sco­lastica, quando si sostiene che l’Ita­lia, rispetto ad altri Paesi più ' evolu­ti', darebbe poco spazio alle materie scientifiche. In queste tendenze in­travedo il pericolo che la tradizione umanistica cada sotto i colpi di un pensiero scientista globalizzato » .
Quali sono i tratti principali della « post- religione »?
« Riprendendo alcuni spunti di Gior- gio Israel, che per primo ha denun­ciato questi aspetti del pensiero post­moderno, mi sembra che i dogmi principali siano l’odio di sé, lo scien­tismo e il relativismo. L’odio di sé si manifesta nella volontà di autodi­struzione della tradizione occidenta­le. Il relativismo viaggia sul piano eti­co: qualsiasi opinione può essere e­quivalente a un’altra, eccetto la scien­za, che ha valore categorico. Ho no­tato una cosa curiosa: gli argomenti u­sati oggi contro il cristianesimo non sono altro che una riproposizione del­le accuse dei pensatori pagani verso i primi cristiani, ad esempio le invetti­ve di Celso. È un po’ strano che, per criticare il cristianesimo, la modernità scientifica non trovi di meglio che ri­proporre accuse vecchie di 2000 an­ni, già confutate dagli apologeti cri­stiani! C’è pure un risvolto inquietan­te: nell’antichità si è iniziato disprez­zando il pensiero cristiano, poi si è ar­rivati alle persecuzioni. Odifreddi di­chiara che il cristianesimo è indegno della razionalità dell’uomo. Per qual­cuno, può diventare giusto combat­terlo » .
« Nemici » del cristianesimo, « super­sensibili » verso l’islam: come spiega la schizofrenia dei « post­religiosi » ?
« Primo: si tratta di una calcolata pru­denza, per non dire una certa vigliac­cheria. Prendersela con il cristianesi­mo apre molte porte in certi ambien­ti culturali: se si scrive un libello an­ti- cristiano, si riesce a pubblicarlo fa­cilmente. Dare alle stampe un volume critico sull’islam è più difficile: una casa editrice ci pensa due volte. Inol­tre, oggi l’islam viene strumentaliz­zato nel progetto di avversione al cri­stianesimo. L’estremismo islamico ha la potenzialità di mettere in discus­sione la civiltà cristiana come la li­bertà di parola o la condizione della donna. Chi nutre odio verso l’Occi­dente, utilizza tutto quello che gli fa comodo » .
Lei scrive: « Il tentativo di ' arruola­re' la cultura scientifica contro la cul­tura umanistica nella guerra antire­ligiosa va nettamente rifiutato » . Un « arruolamento » recente o risalente agli antichi?
« È la novità di una certa cultura mo­derna, a partire dal positivismo otto­centesco. Prima gli scienziati erano anche umanisti, basti pensare ad Ari­stotele o Galileo. Con Comte nasce in­vece l’idea che solo la scienza rap­presenti la realtà in maniera corretta. Va recuperato il concetto che tra scienza e umanesimo non vi è con­trapposizione, ma la sintesi è possibile nel­l’uomo come soggetto dei saperi. Non è un caso se proprio dai li­cei classici, dove tanto peso hanno le materie umanistiche, siano u­sciti molti scienziati, mentre non si può di­re che gli istituti tecni­ci abbiano sfornato numerosi premi No­bel… » .
Dai « post- religiosi » ci possono salvare i clas­sici?
« Sì. L’umanesimo è fondato sulla let­tura dei classici, nella classicità ci so­no risorse per combattere le degene­razioni dello scientismo e recuperare gli autentici valori di scienza, cultura e humanitas. Sono stati i greci e i la­tini ad avviare quelle riflessioni sul­l’uomo, poi illuminate dal cristiane­simo, che sono alla base della nostra civiltà, ad esempio nell’acquisizione dei diritti umani. L’umanesimo non è solo cristiano: anche l’islam e l’ebrai­smo hanno al loro interno grandi tra­dizioni umanistiche. Esso, più che la scienza, può svolgere oggi un ruolo importante contro le degenerazioni integraliste, formulando valori uni­versali come la tolleranza e l’apertu­ra alle altre culture » .
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«Il tentativo di arruolare la cultura tecnica contro quella letteraria nella lotta antireligiosa va rifiutato. Con valori universali i classici possono contrastare l’integralismo»
Destinazione

dalla Prefazione al volume Contro la post-religione
Fumaroli: la Chiesa ci ha regalato la benevolenza

La moda vuole che Dio sia morto, ma solo quello dei cristiani: la scienza ha dimo­strato che non esiste, mentre gli altri dèi, più antichi o più recenti, sdoganati dalla gene­rosità dell’antropologia, mantengono nel mondo il diritto di rimanere vivi e in piena for­ma. Poiché il Dio dei cristiani oggi è morto, in realtà lo era fin dall’inizio, e la conseguenza s’impone logicamente: il cristianesimo in ge­nerale è un lungo e gigantesco errore, che l’Eu­ropa deve cancellare dalla sua memoria, se vuole essere davvero emancipata, moderna, scientifica, e globale. Si concede, al massimo, di richiamarsi alla sociologia di Max Weber e relativizzare la damnatio capitis del cristiane­simo, quando ci si volge all’universo prote­stante: quei cristiani, almeno, con la loro etica del lavoro e del successo, se non con la loro teologia, hanno fatto degli Stati Uniti, dopo l’Inghilterra, l’Olanda e la Prussia, la nazione vincente della nostra modernità trionfante. Ma il cattolicesimo non ha alcuna scusa. Esso è davvero, o poco ci manca, l’errore assoluto. Come l’asino della favola di La Fontaine, Gli a­nimali ammalati di peste, è da lui che vengono tutti i nostri mali, e tutti gridano « dàgli » al col­pevole, in ultima analisi, di ogni ignoranza, di ogni tirannide e di ogni arretratezza. (…) Uno dei grandi meriti del cattolicesimo, ignorato dai suoi detrattori i­gnoranti, ma che do­vrebbe meritargli l’apprezzamento dei non credenti meno estranei alla storia e alla filologia, è di a­ver portato nel suo patrimonio e veicola­to fino a noi il fior fiore filosofico, mo­rale, e anche mitolo­gico- allegorico, della civiltà greco- latina di cui, in Occidente, la Chiesa di Agostino e di Girolamo ha preso il testimone tra III e IV secolo. (…) Siamo ormai stanchi del­l’antifona, ripetuta dal nazionalismo della filosofia tede­sca, secondo cui la luce greca sarebbe stata affievolita se non spenta dai Romani, pri­ma di essere completamente sotterrata dalla Chiesa romana, per riapparire infine nella lin­gua di Fichte e nella musica di Wagner. (...) Ag­giungerei un’altra prova a queste dimostrazio­ni, premesse di un lessico della civiltà europea di ascendenza cattolica, di cui è ormai divenu­ta evidente l’urgenza. Si tratta della fortuna, nell’Europa cattolica, della nozione aristoteli­ca di eutrapelia, « piacevolezza » . San Tommaso non si accontenta di importarla nel suo mira­bile Commento all’Etica a Nicomaco: ne fa una delle virtù cardinali del cristiano. Questa no­zione morale complessa era per Aristotele il privilegio dell’uomo libero di Atene: presup­poneva il sorriso, la leggerezza nella conversa­zione, il senso della distensione misurata, con­tagiosa e generosa. Tommaso la generalizza e la struttura nella gioia propriamente cristiana, ponendo così le premesse di tutta la letteratu­ra che l’umanesimo, sia italiano che francese, ha dedicato all’urbanità, alla sprezzatura, al sorriso, alla socievolezza benevola. È davvero un peccato che il giansenismo, eresia prote­stante nel seno stesso del cattolicesimo, abbia costretto la teologia morale cattolica, sulle di­fensive fin dal secolo XVII, a passare sotto si­lenzio l’eminente virtù dell’eutrapelia, una delle più graziose che l’Europa pre- moderna abbia praticato, uno dei segreti della sua gran­de arte. Nessuna virtù oggi è più dimenticata e violentata. «Il cattolicesimo ha importato in Europa l’eutrapelia di Aristotele cioè il sorriso, la gioia, la leggerezza. Finché venne il giansenismo...» Marc Fumaroli

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