"Divinitas" recensisce "Ingresso alla Bellezza"


Remo Lavatori, su « Divinitas » n. 1, anno 2008, p. 119-20.
RECENSIONE SU « DIVINITAS ».(Con breve commento, in calce, dell'Autore.)
IL LIBRO RECENSITO:INGRESSO ALLA BELLEZZA. FONDAMENTI A UN’ESTETICA TRINITARIA.
Verona, Fede & Cultura, 2007, pp. 399, € 30,00

La lettura del libro non è di facile accesso, tuttavia è affascinante e coinvolgente; fa riflettere e apre orizzonti luminosi ed edificanti. Il discorso si svolge attorno ad una tesi di estremo valore metafisico, teologico e spirituale, quella di inserire la bellezza o il bello negli attributi trascendentali dell’essere uno, vero e buono.A tale scopo l’A. si pone sul fronte elevato di collegare la dimensione ontologica dell’ente creato con l’Essere sussistente di Dio, per scoprire una intima e suggestiva armonia, pur nella dovuta differenziazione tra l’ordina naturale e quello soprannaturale, tra ragione e fede, tra i dati filosofici e le verità rivelate. Infatti si pone a base di tutto il principio che la grazia non distrugge, ma perfeziona la natura, per mostrare che nell’Essere sussistente sussiste la stessa Trinità, in quanto l’intuizione tomista dell’essere assoluto e perfettissimo non si trova solo nella filosofia greca, ma trova la sua luce più radiosa nella rivelazione biblica dell’Esodo III,14, dove si pone in rilievo la caratteristica personale di Dio.La riflessione si protrae nei due nomi riservati al Figlio, Verbum e Imago, in modo da far vedere il rapporto che lega l’uno all’altro, come la forma all’essere.Da qui l’affermazione che l’immagine o forma o bellezza si trova costantemente accanto all’essere uno, vero e buono., così che si può dire che abbia la medesima estensione trascendentale: « È un fatto da riportare in primo piano, come abbiamo fatto noi, quelle particolarissime prerogative della seconda Persona divina: e di avere Essa non uno ma due sacri Nomi, e che uno è l’immagine dell’intelligibile (e viceversa l’altro è il verbo, o pensiero, o significato dell’immagine), sgombra il campo da ogni remora a riconoscere nel pulchrum un trascendentale » (LECTIO IV, p. 78).Le doti proprie del bello sono tre, secondo la descrizione di Tommaso d’Aquino: l’integrità o la perfezione, l’armonia o la proporzione, la chiarezza o lo splendore, che costituisce la « qualità precipua e intima dell’essere – prima di tutto – e poi di ogni ente, di grado in grado, fino ai minimi » (LECTIO IV, p. 83).Ne consegue la similitudine tra la bellezza e la verità, come si dimostra nella Lezione sesta, una lezione altamente speculativa e contemplativa, dove si mostra che la misurazione delle cose, impressa dal Verbo divino, è riconosciuta dall’uomo, quale « misura di tutte le cose », sebbene lui stesso, persona intelligente e amante, sia dipendente da Dio che lo ha creato e debba far ritornare l’universo intero al suo Creatore. Per cui « l’uomo, passaggio obbligato dell’universo a Dio, passa egli stesso attraverso se stesso a Dio e per la propria coscienza, e perché in tal modo passa in realtà attraverso il Modello del Figlio dell’Uomo crocifisso, il Cristo teandrico, riferimento solare a tutto il creato » (LECTIO VI, 104).Lo spirito si eleva verso il fine escatologico che dovrebbe essere sempre presente per cogliere tutta la realtà nel suo splendore. È vero che esistono cose deformi o non pienamente belle, perché soggiacciono al limite o alla mancanza di una bellezza totale, ma possiedono ugualmente un collegamento con la realtà che misura la loro pur ristretta verità e perciò la loro parziale bellezza.Un aspetto di rilievo è dato dalle Lezioni VIII-IX-X-XI, in cui l’A. commenta la proclamazione evangelica dei beati dal cuore mondo, perché vedranno Dio.La sua analisi si snoda in modo incalzante, incisivo e profondo, soffermandosi in particolare sul senso dei puri di cuore, del ragionamento o sillogismo, al fine di rilevare l’intreccio tra intelletto e volontà, così che uno non può stare senza l’altra in forza delle loro reciproca collaborazione.Viene chiaramente spiegato: « L’amore oblativo e offerente di sé è abito dispositivo a ogni intellezione, ma se non si conosce l’amore cui ogni pensiero è finalizzato, se non si conosce in cosa si specifica il fine cui indirizzare l’intenzione (tensione tra la causa efficiente posta nell’intelletto umano e l’ordinamento universale che gli sta sopra), come potrà la volontà indirizzarsi e far operare l’intelletto? » (LECTIO X, p. 175).Interessanti sono le considerazioni intorno all’amicizia, le quali toccano il valore ultimo, posto in Dio, per ogni autentica e armonica comunione tra amici, in modo che il proprio cuore, cioè il centro del proprio intelletto, sia sgombro e puro dagli affetti, e dalle passioni del proprio Io, persino con lo sgombro dell’amicizia stessa se è necessario (LECTIO X, pp. 178 segg.). A questo punto si raggiunge la massima elevazione nella luminosità totale e nella piena trasparenza della verità e dell’amore purissimi di Dio.Nei limiti ristretti di una recensione non è possibile raccogliere tutti gli elementi, gli spunti, le luci che promanano da questo libro. Si invita pertanto alla lettura, che certamente causerà belli, veri e buoni frutti di intellezione e di vita cristiana.
Renzo Lavatori
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UN BREVE COMMENTO DELL’AUTORE RECENSITO.
Nel numero di « Divinitas » in cui viene pubblicata la recensione qui sopra si trovano altre cinque recensioni di Lavatori. La cosa che si vorrebbe mettere in risalto qui è che nella recensione che segue quella a Ingresso alla bellezza il prof. Lavatori mostra di conoscere bene – tra le tante cose da ben conoscere – la verità per la quale si sa che ai Misteri sommi assolutamente non si può giungere se non per i dati offerti dalla Rivelazione. Così scrive infatti: « Si sa che il magistero della Chiesa, in particolare nel Concilio Vaticano I, ha sostenuto la differenza sostanziale tra l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale, soprattutto in riferimento propriamente all’essenza intima di Dio nel mistero trinitario, che solo la rivelazione ha mostrato e che non può essere raggiunto dalla ragione (cf. anche le proposizioni rosminiane condannate nel Post Obitum) ».Con queste righe desidero mostrare la mia pubblica gratitudine dunque al prof. Lavatori, che mostra con le sue parole – pur pensate per un altro lavoro – di avallare implicitamente i lavori miei, che oltretutto lui conosce bene fin dall’inizio, giacché fu uno dei pochi a recensire – e favorevolmente – Il Mistero della Sinagoga bendata, lavori nei quali mi sono peritato in ogni modo e sempre di evidenziare questo pregio squisito della ss. Trinità, di essere appunto in primo luogo un Mistero, e, in secondo, di essere Mistero conoscibile in qualche misura attraverso la Rivelazione, due fatti questi che permisero ai Dottori della Chiesa di congetturare nei loro De Trinitate delle verosimili “forme” o conformazioni del costitutivo metafisico di Dio senza per questo passare in alcun modo per razionalisti e dunque in errore. La cosa mi tocca particolarmente, poiché è parso invece ad alcuni di dover intravedere nelle mie pagine varcata la soglia del rispetto del Mistero, laddove invece un teologo di fama come Lavatori, accreditato presso una delle più importanti Università Pontificie di Roma e nella redazione di una delle più prestigiose, sicure e apprezzate riviste cattoliche, avalla la metodologia seguita in ogni opera, e mai abbandonata o corretta, e anche l’apprezza nei suoi risvolti e nelle sue più spirituali e cristiane conseguenze.
E. M. R.

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